2013 : Collegio Jean Vilar, La Courneuve. Collegio in ZEP (Zona di Educazione Prioritaria), situato nel quartiere del Complesso Ovest (Cité dei 4000 sud).
Con gli allievi dell'anno precedente continuiamo il nostro lavoro tramite un confronto diretto con il mondo reale e quotidiano, riflettendo in parallelo sullo spazio immaginario. Per lo spazio reale ci organizziamo per recarci nel cuore del quartiere per fotografare, sui luoghi della loro vita di tutti i giorni. Abbiamo costruito un telaio (quadro) metallico a misura d'uomo, che trasportiamo con noi anche se incombrante. Proseguiamo le...
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2013 : Collegio Jean Vilar, La Courneuve. Collegio in ZEP (Zona di Educazione Prioritaria), situato nel quartiere del Complesso Ovest (Cité dei 4000 sud).
Con gli allievi dell'anno precedente continuiamo il nostro lavoro tramite un confronto diretto con il mondo reale e quotidiano, riflettendo in parallelo sullo spazio immaginario. Per lo spazio reale ci organizziamo per recarci nel cuore del quartiere per fotografare, sui luoghi della loro vita di tutti i giorni. Abbiamo costruito un telaio (quadro) metallico a misura d'uomo, che trasportiamo con noi anche se incombrante. Proseguiamo le nostre ricerche sugli effetti di "inquadratura" adattando un quadro di semplice cartone sull'obiettivo della macchina fotografica.
Guardiamo. Inquadriamo. Lo mettiamo in un quadro.
Parallelamente al mondo concreto, i mondi immaginari, come un paradosso, vengono creati in uno spazio delimitato, ristretto. Ristrutturando la struttura scatola costruita l'anno precedente (vedere la boîte n° 1). Con questi allievi mi ritrovo ad avere un ruolo di direttore d'orchestra. Propongo loro un "percorso". Muovendosi dall'obiettivo della macchina fotografica fino al "mondo" nella scatola, devono realizzare un movimento e degli scatti in tre fasi, azionando lo scatto a distanza.
Dal reale a "un immaginario".
Questo è il nostro mondo. Esterno, di tutti i giorni. Lo guardo. Lo inquadro. Lo metto in un quadro. Ci sono grattacieli, edifici in squadra, automobili, passanti, persone che ci conoscono, che ci guardano... reale quotidiano.
Posso dare un nome a tutto ciò che mi circonda. Posso dare un nome a questa vita.
Non so se è bello. Non so se è brutto. Prendo questo mondo così com'è, nella sua bellezza e nella sua disarmonia. Il mio corpo è incorporato alla città. Guardo la misura delle cose. Quanti passi misura questa piazza...
Sono solo tra la folla. Sono solo in mezzo agli altri. A volte sono solo. Quante persone vivono in questi edifici ? C'è uno spazio per me ? Mi confronto con questo mondo. Inquadro questo spazio e lo "metto" nel quadro della macchina fotografica.
Improvisamente si apre un lato e "l'altro" lato. Si crea un passaggio. Come tra due mondi. Passare al di là assume la forma di un'azione magica. Mi immagino un universo ineusaribile di forme invisibili. Un mondo nascosto sotto l'altro. Dall'altro lato della cornice creo nuovi orizzonti. Una collezione di orizzonti. Attraverso il quadro. Passo all'interno, cerco un'altra dimensione, di sogno, di immaginazione e di desiderio. Percorro un territorio che include anche me stesso.
Qui è un altro mondo. Strizzo gli occhi. La visione sfocata mi aiuta a immaginare forme. Gli occhi guardano, ma all'interno di me. In questo mondo non posso dare un nome a tutte le cose. Non so se questo mondo è bello. Ma è "altro". Me ne impadronisco. Posso esplorarlo. Posso trasformarlo.
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